Che Gibilee per quatter ghej
Questa commedia, scritta da A. Colantuoni nel 1930, è ancora di straordinaria attualità.
L’avidità e la smania di denaro a tutti i costi sono delle “brutte bestie” ancora – o soprattutto – oggi.
Ne sanno qualcosa quattro fratelli, le mogli di alcuni di loro, parenti tutti, alla disperata ricerca del biglietto vincente di una lotteria.
Lo zio Pompeo ha infatti vinto il primo premio multimilionario di una lotteria, ma è morto senza lasciare alcuna indicazione per il recupero del biglietto.
Da qui la ricerca a trecentosessanta gradi da parte del parentado, che pur di poter metter mano alla vincita non esita ad esprimere il “peggio di sé” e a passare
sopra, addirittura, ai vincoli di sangue.
Il morto, lo zio, non è un “morto come tutti gli altri”, lui, nell’aldilà, se la spassa e il suo divertimento è quello di aver creato un bel “casino”… pardon, un “bel gibilee per quatter ghej”.
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