El Curtil di poer crist

A proposito di questo spettacolo scrive il regista:
Questo è probabilmente il lavoro teatrale che dal punto di vista affettivo ricordo con maggior piacere.
Già nel pensarlo sapevo cosa anzitutto doveva essere per me: un atto di amore e riconoscenza.
Credo di far parte di una delle ultime generazioni, se non l’ultima, che hanno avuto la possibilità di poter vivere alcuni anni della propria vita – nel mio caso, la giovinezza – in un cortile. Luoghi che negli anni ’50 e ’60 punteggiavano la città ed in particolare le periferie popolari, come era Cederna. Microcosmi che pullulavano di vita e vitalità proprie, dove il cortile, appunto, la fabbrica, la parrocchia, l’oratorio e i campi erano gli universi di riferimento.
Cortili che in quegli anni possedevano una vitalità ed una ricchezza di situazioni difficili da ritrovare nella vita frenetica, diffidente, arrogante, a volte aggressiva dei nostri giorni e dei nostri condomini.
Per noi ragazzi di allora le strade, i parti, i boschi di robinie, le cave, il campo di calcio dell’oratorio, erano l’universo e il cortile era la comunità, un luogo visitato in continuazione da ambulanti ed artigiani, che offrivano prodotti e prestazioni professionali urlando allegramente a squarciagola. Il cortile era una microsocietà che generava numerose situazioni di convivenza, con tutti i vantaggi e gli svantaggi che essa comportava, ma era sicuramente un luogo di aggregazione straordinaria, così come altri luoghi della zona: i campi di bocce del Dopolavoro o del Circolino, l’osteria della “Emma” con le feste del pesce, il banco della granita dell’Antonio.
Oggi non ci sono più le bocce, gli orti (solo alcuni), i boschi, le cave, i campi di grano. Certo, sono rimasti i cortili (chiusi da cancelli e con i citofoni), ma forse ne son rimasti i muri non certo gli umori, gli odori, i suoni... Le ricchezze del cuore, le componenti affettive dell’anima sono un’altra cosa che, forse, la società tecnologicamente avanzata non richiede
”.
Tali presupposti sono alla base del “Curtil di poer crist”, nel quale si è   cercato di evitare un incensazione di quell’universo, mettendola come sempre sul piano dell’ironia, anche se il finale dello spettacolo vira, inevitabilmente, verso la malinconia per un mondo ormai perduto.

 

 

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